giovedì 25 agosto 2016

Verba volant (298): silenzio...

Silenzio, sost. m.

Le persone colpite da questo terremoto meritano prima di tutto il nostro rispetto, il rispetto che dobbiamo alla morte e a quel dolore che ci lascia senza parole. E questo rispetto della morte richiede il silenzio (so di essere vecchio, ma sono uno di quelli che ancora accoglie con fastidio gli applausi durante i funerali). Poi le persone colpite da questo terremoto meritano la nostra solidarietà; e anche in questo caso il silenzio è necessario, perché una generosità esibita rischia di essere utile più a chi dona che a chi riceve. Infine le persone colpite da questo terremoto meritano il nostro senso di responsabilità e in questo caso il silenzio non serve più, anzi è dannoso per noi e per loro. In molti oggi ci invitano al silenzio, peccato che in alcuni casi siano gli stessi che portano delle responsabilità per quanto è accaduto, per quello che si sarebbe potuto fare e non si è fatto, per quello che si è fatto e non si sarebbe dovuto fare. Allora il loro invito al silenzio è interessato perché fatalmente le nostre parole finiscono per accusarli. Altri invitano al silenzio perché vogliono essere gli unici a parlare, magari per usare questa tragedia per fare propaganda all'idea che non ci si salva insieme, ma che io mi posso salvare solo se un altro soccombe o che sfruttano questa occasione per mettere, ancora una volta, gli ultimi contro i penultimi, i terremotati contro i migranti, i poveri contro i poveri.
Il senso di responsabilità che dobbiamo a quelle persone ci obbliga a dire, con sempre maggior foga, anche urlando se necessario, che questo terremoto ha colpito così duramente quelle città del Lazio, delle Marche, dell'Umbria, perché non abbiamo voluto ascoltare la lezione che ci è venuta dall'Emilia, dall'Abruzzo, da chi negli anni passati ha subito lo stesso dramma. Perché il terremoto non si può prevedere, ma non è un fenomeno imprevedibile, noi non potevamo sapere che una scossa così violenta si sarebbe scatenata alle 3.36 del 24 agosto sotto la terra di Accumoli, ma dobbiamo sapere che praticamente tutto il nostro paese è un'area in cui fenomeni del genere possono succedere e quindi occorre prendere le precauzioni del caso. Bisogna seguire determinati standard per le nuove costruzioni, bisogna rispettare certe regole quando si ristrutturano costruzioni antiche e non considerarle un'inutile perdita di tempo e di denaro, occorre mettere in sicurezza edifici che non vogliamo perdere, che non possiamo perdere, perché altrimenti perderemmo una parte rilevante della nostra storia, della nostra cultura, della nostra identità. E dobbiamo imparare tutti a convivere con questi eventi, dobbiamo imparare a come comportarci in situazioni del genere affinché i danni possano essere limitati.
Il senso di responsabilità che dobbiamo a quelle persone ci obbliga a dire, sempre urlando fino a che non avremo più fiato in gola, che non possiamo accettare ancora una volta di perdere un pezzo dell'Italia, che non vogliamo perdere Amatrice come abbiamo perso L'Aquila, che non vogliamo perdere il centro di Arquata del Tronto come abbiamo perso il centro di San Felice sul Panaro. Bisogna ricostruire, costi quel che costi, ma soprattutto bisogna cominciare a investire risorse affinché i nostri paesi non vengano distrutti. Per questo non possiamo stare in silenzio, non siamo disposti a stare zitti per non disturbare il guidatore. Anzi abbiamo il dovere di dire al guidatore che sta sbagliando direzione, che ci sta portando in fondo al baratro e lo dobbiamo fare oggi, anche se queste nostre parole sembrano irrispettose verso chi piange i propri cari morti, soffre per le ferite causate dal sisma, è sgomento e impaurito per il proprio futuro e quello della propria famiglia. Proprio per l'amore che dobbiamo a quelle persone, proprio per l'amore che abbiamo per la cultura di questa terra, oggi non è il giorno del silenzio, ma di una rabbia operosa, di un'indignazione attiva, di un urlo per il nostro futuro.

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